In data 20 ottobre 2022 l’Agenzia delle Entrate Italiana ha pubblicato la Circolare n. 34/E, in materia di fiscalità del trust, con cui fornisce chiarimenti sulla fiscalità diretta ed indiretta di tale strumento, alla luce della giurisprudenza ormai consolidata in tema di applicazione dell'imposta sulle successioni e donazioni e sulle novità normative introdotte, in materia di imposte dirette, dall'art. 13 del DL 124/2019.
Forniamo di seguito un breve riassunto dei contenuti della Circolare.
Con riferimento all’imposizione indiretta, l’Amministrazione Finanziaria recepisce l'orientamento, ormai consolidato, della giurisprudenza di legittimità (cfr. Corte di Cassazione, sentenza n. 8082 del 2020) sull'applicazione "eventuale e differita" dell'imposta di successione e donazione in misura proporzionale, superando definitivamente la tesi della tassazione anticipata. Da ciò ne discende pertanto che:
Un punto che merita particolare attenzione è quello inerente la liquidazione dell’imposta in relazione ad attribuzioni effettuate da trust già esistenti.
L’Agenzia delle Entrate, al fine di tutelare i contribuenti che hanno già versato l’imposta al momento dell’istituzione del trust o della dotazione del medesimo, facendo affidamento sulla prassi precedente, riconosce che il pagamento effettuato al momento della segregazione patrimoniale possa considerarsi avvenuto a titolo definitivo (e non di acconto), ma solo nelle fattispecie di “rapporti esauriti”.
L'Amministrazione chiarisce poi che l’esaurimento del rapporto si verifica quando le attribuzioni hanno ad oggetto:
Pertanto, nulla più si deve pagare se i beni assegnati sono identici a quelli inizialmente apportati e se il beneficiario è identico a quello prefigurato nell'atto istitutivo.
Nei rapporti esauriti pare quindi non assumere rilevanza il fatto che, tra l’atto della segregazione e quello dell’attribuzione al beneficiario, possano essere cambiate la base imponibile, le aliquote o le esenzioni, con conseguente aumento o diminuzione del prelievo fiscale. L’Agenzia delle Entrate chiarisce, infatti, che in questi casi “non procedendosi alla riliquidazione dell’imposta, non è possibile effettuare il rimborso delle imposte già̀ versate in sede di apporto (iniziale o successivo) dei beni o diritti al trust, anche laddove la base imponibile calcolata al momento delle successive attribuzioni ai beneficiari dovesse risultare inferiore a quella assoggettata a tassazione iniziale”.
Diversamente, laddove il trust avesse cambiato il proprio assetto rispetto al momento in cui è avvenuta la segregazione, non si configurerebbe una fattispecie di “rapporto esaurito”, pertanto, il pagamento in “entrata” va considerato come un acconto sull’imposta. Ad esempio, se è stato apportato un immobile, poi venduto dal Trustee, il quale alla fine distribuisce denaro, le imposte che siano state versate “in entrata” si scomputeranno da quelle (se di importo maggiore) dovute “in uscita”; beninteso, se le imposte dovute in uscita fossero di importo minore, non vi sarebbe alcun diritto al rimborso, trattandosi di un “rapporto esaurito”.
Ai fini della determinazione del reddito prodotto dal trust (sia opaco che trasparente) si applicano le regole fiscali previste in base alla natura, “commerciale” o “non commerciale”, dell’attività svolta dal trust. In particolare:
Tuttavia, in deroga al criterio di territorialità di cui all’articolo 23 del Tuir, alcune eccezioni sono presenti:
Ai fini della individuazione del regime fiscale applicabile al reddito, inoltre, si distinguono due tipologie di trust:
Il reddito prodotto dal trust “trasparente” è imputato al beneficiario “individuato” residente indipendentemente dalla effettiva percezione del medesimo, e, conseguentemente, è assoggettato ad imposizione in capo al beneficiario con aliquota Irpef progressiva.
È importante sottolineare che se il reddito conseguito dal trust fruisce di un regime di non imponibilità o di esenzione, la relativa attribuzione effettiva al beneficiario non dà luogo a tassazione in capo a quest’ultimo (es. plusvalenza derivante da cessione di un immobile detenuto da un periodo superiore ai 5 anni).
Nel caso in cui il trust opaco si qualifichi come ente “non commerciale” residente, il reddito imponibili, a cui si applicherà l’aliquota IRES del 24%, sarà determinato in virtù dell’applicazione dell’articolo 143 del Tuir, ovvero con le medesime categorie reddituali e in applicazione delle medesime regole previste per le persone fisiche.
Ne consegue che, un’ulteriore eventuale attribuzione del reddito a favore del beneficiario “non individuati”, non darà luogo ad un’ulteriore tassazione in capo al medesimo.
Nel caso in cui il trust opaco si qualifichi come ente “commerciale”, il reddito va determinato applicando le regole previste dagli articoli 81 e seguenti del Tuir in materia di reddito d’impresa, inclusa la disciplina in materia di plusvalenze esenti (articolo 87) e di dividendi (articolo 89).
Ne consegue che, in caso di attribuzione del reddito al beneficiario “non individuato”, si rende applicabile l’articolo 44, comma 1, lettera e), del Tuir, che prevede un’ulteriore tassazione come reddito di capitale degli utili derivanti dal trust.
Come regola generale possiamo affermare che il trust opaco estero è soggetto passivo in Italia per i soli redditi prodotti nel territorio dello Stato, ai sensi degli articoli 151 (enti commerciali) e 153 (enti non commerciali) del Tuir e che, la relativa attribuzione di reddito al beneficiario non dia luogo a tassazione in capo allo stesso.
Tuttavia, come espressamente disciplinato dall’art. 44, comma 1, lettera g-sexies) del Tuir, nel caso di trust opaco stabilito in Paesi a fiscalità privilegiata, le attribuzioni a beneficiari residenti in Italia (sia “individuati, che “non individuati”), assumono rilevanza reddituale in capo agli stessi, qualificandosi come redditi di capitali.
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